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"IMPIANTO BIOGAS "

“Per un’agricoltura responsabile e in grado di ridurre l’impatto ambientale il biogas è una delle soluzioni che una moderna azienda agricola deve tenere presente, perché permette il recupero dei reflui di allevamento e di applicare le esigenze di economia circolare che vanno ben oltre le necessità di migliorare il reddito”.
Le prospettive, anche economiche, offerte dal biogas possono trovare adeguata valorizzazione non soltanto per la singola impresa agricola, ma anche in forme consortili
La Legge di bilancio 2019 (commi 954-957) individua nuovi vincoli per la produzione di biogas.
Gli impianti di biogas realizzati da imprenditori agricoli e alimentati per almeno l’80% a reflui zootecnici provenienti da allevamento e per il 20% con culture di secondo raccolto, compreso il mais. Tutte le biomasse devono provenire dall’azienda agricola o, se l’impianto è realizzato in forma consortile, esclusivamente dai consorziati
Le opportunità ci sono per diverse taglie di allevamento, in base appunto alle dimensioni dell’impianto.
Per un impianto di biogas da 100 kW alimentato con solo reflui da bovine da latte, il costo dell’investimento è di 450mila euro e sono necessari 480 capi in lattazione, 7.500 tonnellate di letame e 4.900 tonnellate di liquame. Qualora si facesse ricorso a una quota del 20% di secondi raccolti per alimentare il biogas, i bovini necessari scenderebbero a 325, ma servirebbero 47 ettari coltivati a sorgo, per ottenere 2.100 tonnellate di insilato di sorgo.
Per un impianto da 100 kW alimentato a reflui di bovini da carne, la mandria necessaria sarebbe pari a 450 capi. Oppure basterebbero 340 capi da carne e 21 ettari di sorgo.
Altri numeri con i suini da ingrasso: rispettivamente 19.500, 38.500 e 58.000 maiali per alimentare impianti di biogas da 100, 200 o 300 kW.
Opportunità anche per l’allevamento avicolo, dove per un impianto da 100 kw servirebbe la pollina di 154.000 galline ovaiole e 19 ettari per biomasse da secondo raccolto. Numeri che aumentano a 313.000 capi e 36 ettari per alimentare un impianto in grado di sviluppare 200 kW

 

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"IMPIANTO BIOGAS "

“Per un’agricoltura responsabile e in grado di ridurre l’impatto ambientale il biogas è una delle soluzioni che una moderna azienda agricola deve tenere presente, perché permette il recupero dei reflui di allevamento e di applicare le esigenze di economia circolare che vanno ben oltre le necessità di migliorare il reddito”.
Le prospettive, anche economiche, offerte dal biogas possono trovare adeguata valorizzazione non soltanto per la singola impresa agricola, ma anche in forme consortili
La Legge di bilancio 2019 (commi 954-957) individua nuovi vincoli per la produzione di biogas.
Gli impianti di biogas realizzati da imprenditori agricoli e alimentati per almeno l’80% a reflui zootecnici provenienti da allevamento e per il 20% con culture di secondo raccolto, compreso il mais. Tutte le biomasse devono provenire dall’azienda agricola o, se l’impianto è realizzato in forma consortile, esclusivamente dai consorziati
Le opportunità ci sono per diverse taglie di allevamento, in base appunto alle dimensioni dell’impianto.
Per un impianto di biogas da 100 kW alimentato con solo reflui da bovine da latte, il costo dell’investimento è di 450mila euro e sono necessari 480 capi in lattazione, 7.500 tonnellate di letame e 4.900 tonnellate di liquame. Qualora si facesse ricorso a una quota del 20% di secondi raccolti per alimentare il biogas, i bovini necessari scenderebbero a 325, ma servirebbero 47 ettari coltivati a sorgo, per ottenere 2.100 tonnellate di insilato di sorgo.
Per un impianto da 100 kW alimentato a reflui di bovini da carne, la mandria necessaria sarebbe pari a 450 capi. Oppure basterebbero 340 capi da carne e 21 ettari di sorgo.
Altri numeri con i suini da ingrasso: rispettivamente 19.500, 38.500 e 58.000 maiali per alimentare impianti di biogas da 100, 200 o 300 kW.
Opportunità anche per l’allevamento avicolo, dove per un impianto da 100 kw servirebbe la pollina di 154.000 galline ovaiole e 19 ettari per biomasse da secondo raccolto. Numeri che aumentano a 313.000 capi e 36 ettari per alimentare un impianto in grado di sviluppare 200 kW

 

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Bilancio, la contabilità del cassetto è pericolosa

 

 

Fare impresa non è come giocare al "superenalotto": non si va per tentativi sperando di trovare la coltura giusta. La tenuta del bilancio, anche se in agricoltura non è obbligatoria, consente invece agli imprenditori di tenere sotto controllo gli aspetti patrimoniali e finanziari e di monitorare le performance di redditività. Un'opzione a cui non si può rinunciare in un'epoca come questa, di grande competitività e selezione

Molti agricoltori provano repulsione nel fare i conti economici. Eppure l’agricoltore è un imprenditore; anche se lavora da solo nella sua impresa, è colui che organizza i fattori della produzione, effettua le scelte e si assume il rischio di impresa.

Come fa l’imprenditore a fare scelte corrette senza un efficace sguardo ai conti economici?

Molti agricoltori dedicano tanto tempo al lavoro nei campi o negli allevamenti, ma non conoscono la redditività delle loro attività aziendali e del loro lavoro. O meglio, fanno la contabilità del cassetto: vedono quanti soldi sono rimasti nel cassetto (o nel conto corrente) alla fine dell’anno.

La contabilità del cassetto è pericolosissima, soprattutto per gli imprenditori che investono. Ho visto molti agricoltori che hanno fatto investimenti con la contabilità del cassetto e sono andati in crisi di reddito e di liquidità, hanno depauperato il loro patrimonio. Senza un’attenzione alle scelte, l’impresa può divorare il capitale anziché crearlo.

La maggior parte degli agricoltori italiani – ancora oggi – non possiede dati adeguati per misurare la redditività.

Osservo che spesso molti agricoltori producono come se giocassero al “superenalotto”: vanno a tentativi, sperando nella sorte. L’esenzione dall’obbligo di tenuta delle scritture contabili in agricoltura accentua questa situazione. Le imprese di tutti i settori produttivi hanno un proprio commercialista di fiducia.

In agricoltura non è così!

Ogni agricoltore ha la necessità di avere un bilancio: è lo strumento con cui l’imprenditore mette al corrente tutti gli interessati (banche, fornitori, ecc), compreso se stesso, della gestione della propria impresa; consente la ricognizione degli aspetti patrimoniali e finanziari, di calcolare la differenza tra attività e passività, di ponderare gli investimenti. Eppure - si dirà - tante aziende agricole vanno avanti da 50 anni senza avere un bilancio e con la contabilità del cassetto.

È vero! Ma oggi i mutamenti della tecnologia, dei mercati e dei consumi sono velocissimi e, se vogliamo continuare a fare gli agricoltori, è necessario trovare strategie di successo e conoscere i conti. Che fare?

In primo luogo, occorre definire le proprie strategie aziendali: cosa succederà nei prossimi anni? cosa fanno i migliori imprenditori? dove siamo e cosa possiamo fare noi? quali clienti vogliamo servire? la finanza ci assiste? se no, come dobbiamo agire?

In secondo luogo, occorre un’attenta valutazione economica della situazione aziendale: quanto mi costa la coltura? quanto una tonnellata di prodotto? a quanto ammontano i miei costi fissi e variabili?

I conti vanno fatti sulla media di cinque anni, non su uno-due anni, con uno sguardo al futuro. Se, i conti economici sono negativi, occorre cambiare strategia aziendale. Esistono alternative, bisogna cercarle, imitando gli agricoltori più innovativi; in alcuni casi bisogna anche decidere di smettere.

Il futuro passa attraverso la lettura attenta della realtà. È un periodo di grande selezione; molti si troveranno in difficoltà, ma le imprese, quelle vere, troveranno il modo di evolvere i processi produttivi e gestire il mercato.

Bisogna misurare la redditività aziendale complessiva e di ogni attività aziendale (colture, allevamenti, attività connesse) e soprattutto misurare la redditività del proprio lavoro. Spesso gli agricoltori commettono l’errore di non considerare la remunerazione del proprio lavoro. Invece ogni agricoltore deve stabilire quanto vale il proprio lavoro in azienda; pagare se stesso prima di tutto!

 

 

imprenditore agricolo 500 jpg

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